Risorgimento

perché bisogna abbattere i miti mazziniani per scoprire una nuova e reale identità Nazionale

 di Massimo Valeriano Frisari



In questa epoca di crisi spirituale, di bisogno di cercare una nuova identità, di trovare un senso più profondo alle cose e di uscire da un ottica materialista e individualista che ci ha confinato in un una ormai insopportabile solitudine sociale, ci si domanda come colmare questo vuoto.

Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia tornano in voga, sottovoce e timidamente, parole forti quali Patria, identità, italianità; merito forse del dilagante confuso leghismo che ha stufato tutti con i suoi controsensi, i suoi slogan violentemente ingenui e banali, e, come effetto, il suo linguaggio anti-italiano ha scatenato un meccanismo di autodifesa da parte della popolazione che, proprio in risposta anti-leghista ha rispolverato dal cassetto il tricolore che fino a poco tempo fa usciva allo scoperto solo in occasione dei Mondiali di calcio.
Non è facile darsi un identità da un giorno all’altro, soprattutto quando termini come Nazionalismo e Patriottismo sono stati pesantemente smontati e attaccati dal dopoguerra ad oggi sia da Destra che da Sinistra e l’italianità che dal Risorgimento si ispirava a Roma ne è uscita svuotata ed esorcizzata dalla sua componente latina sfruttata e abusata durante il Ventennio, passato scomodo e ingombrante. E di certo la confusa e cauta retorica degli odierni politicanti non è di molto aiuto alla formazione di una nuova identità.
Ciò nonostante sono tutti unanimi a conferire al Risorgimento un ruolo fondamentale alla creazione del nostro spirito nazionale, e uomini come Mazzini, Garibaldi e Cavour ritenuti eroi di indiscusso valore morale e politico guidati da sani principi, modelli da ammirare e soprattutto da seguire in questi anni difficili e caotici. Ed ecco che entra in gioco la Romanità come collante nazionale e fondamento della patria coscienza. Cosa non solo giusta, ma doverosa, perché immaginare un Italia senza spirito romano, senza quell’Italia che fu concepita per la prima volta unita, per la prima volta come Popolo e Nazione proprio da Roma significa negare l’esistenza della stessa Italia nel suo animo più autentico e primordiale che da allora ha guidato la nostra terra plasmandone il pensiero e l’etica.
Il Risorgimento non scoprì l’acqua calda, ma conferì alla Romanità un ruolo ufficiale per identificarci come unica Nazione, e quindi, soprattutto negli ambienti Tradizionali, gli eroi mazziniani sono l’apoteosi del patriottismo senza macchia e senza paura, paladini buoni e giusti che ci liberarono dal giogo di un Pontefice spietato e di un Borbone crudele e tiranno.
Questo sempre secondo quanto dicono loro, coronando il Risorgimento in un aspetto propagandistico ed esaltante dove non c’è spazio per i dubbi e la riflessione storica in uno scontro che ci viene mostrato come il “bene che trionfa sul male”. 
Ma è davvero così? Dobbiamo al Risorgimento la nostra identità Romana e solo tornando ai valori risorgimentali potremmo veramente riacquisire una nuova coscienza nazionale basata su antichi e autentici valori?

In realtà l’identità Romana fu fortemente compromessa dai falsi orpelli patriottici del Risorgimento prima, e dalle fasulle e macchinose scenografie fasciste dopo: entrambi sfruttarono goffamente un glorioso passato (come già prima di loro fecero conquistatori e tiranni vari) in un era di nazionalismi e fomenti ideologici che accecarono l’Europa deviando il vero significato della storia solamente per legittimare la loro autorità e giustificarne la presenza. La verità al servizio della politica.
Vi sono esempi di questo genere in tutto il Continente: dal risveglio “gallico” della Francia che onorava come condottieri patriottici antichi e semisconosciuti personaggi, all’esaltazione irlandese di mitici eroi “celtici” che preludevano e legittimavano la guerra contro la matrigna Inghilterra, alla neonata Romania che si autoimpose un origine latina pur di scrollarsi di dosso l’influsso turco e slavo; tutti motivati da una riflessione nazionalista e razziale come imponeva la moda del tempo. L’Italia poteva essere da meno? E a chi ispirarsi se non al glorioso e invidiabile passato romano?!
Fu così che il Risorgimento si appropriò del concetto di Romanità, nazionalizzandolo, personalizzandolo e in qualche modo “privatizzandolo” e rendendolo estraneo al resto dell’Europa (che pur deve molto a Roma) segregandolo nei confini geografici del nuovo Stato.
Ed ecco che ovunque, soprattutto a Roma, come testimonianza di un “ritorno alle origini”, vennero eretti barocchi e spesso sproporzionati monumenti in stile classicheggiante, spesso sopra le macerie di antichi edifici legati alla storia della città demoliti per dar spazio alla nuova e idealizzata Roma. Esempio eclatante è il gigantesco e mostruoso Altare della Patria, dove sia le sue dimensioni che i materiali adoperati lo rendono totalmente fuori posto rispetto all’ambiente e alle architetture circostanti… ma il fatto che lo rende ancora più ingombrante è che la sua scenografia ha completamente isolato e nascosto i palazzi e la piazza michelangelesca del Campidoglio, antico cuore pulsante dell’Urbe.

Tra paradossi e incertezze pian piano “si fece l’Italia”. Ma gli italiani?

Mentre i picconi trasformavano l’immagine di Roma, nel resto dell’Italia proseguivano le stragi e le persecuzioni. Perché sì, all’ombra del mito “bene contro male” esisteva una realtà più complessa e oscura, quella dell’eroica resistenza meridionale contro le truppe sabaude le quali invece di portare ordine e “civiltà” bruciavano villaggi e massacravano la popolazione.
Ben presto l’Unità mostrò il suo vero volto, e i “liberatori” lasciarono cadere la maschera che copriva le vili mire espansionistiche. Si trattava di un occupazione.
Progetti di conquista erano maturati già da tempo nei salotti torinesi allorquando lo Stato sabaudo dilaniato e soffocato dai debiti, dalla burocrazia e dalla corruzione (tutte belle qualità che lo Stato italiano ha ereditato) rischiava la definitiva banca rotta. C’erano solamente due soluzioni: la rovina o la guerra, e conoscendo le abbondanti ricchezze borboniche si optò per la seconda. E fu così che le casse di Roma e di Napoli risollevarono il bilancio piemontese.

La conquista fu appoggiata pienamente da potenze protestanti e  massoniche internazionali, Francia e Inghilterra in testa, le quali avevano tutti i vantaggi per cancellare una volta per tutte le scomode nazioni italiche e cattoliche, ossia l’influenza papale di Roma e la potenza militare del Regno duosiciliano vicino alla Spagna, presenze che impedivano a Londra la supremazia sul Mediterraneo. Ed è noto che fu proprio la flotta inglese a impedire alle navi napoletane di correre in rinforzo alla Sicilia occupata da Garibaldi. D’altronde, secondo lo stesso Cavour:  <<l’Italia non si costruisce con l’appoggio della popolazione italiana, ma con il sostegno internazionale dei governi liberali>>
Tra intrighi internazionali, mire commerciali e politiche, manovre della Massoneria (non esiste un solo “eroe” risorgimentale che non sia stato affiliato a qualche loggia) l’Italia fu unita, a discapito di un accanita e disperata resistenza che passò tristemente alla storia come “brigantaggio”.

Questo significa demonizzare e combattere l’Unità d’Italia? Assolutamente no, perché l’Italia doveva necessariamente essere unita. Ma bisogna anche essere consapevoli che quella che avvenne non fu per il bene della Patria, e che bisogna opporsi alla falsa unità per auspicare a una vera e sincera unità nazionale che ci unisca realmente tutti come fratelli. Quella che ci fu non era l’unica possibile via da seguire, ma è vero il contrario: le nazioni italiche, e soprattutto la popolazione, erano a sostegno di un unità spontanea.
Chi stoltamente accusa lo Stato Pontificio, o Duosiciliano, di essere stati per secoli la causa della frammentazione politica dell’Italia non ricorda o non sa che sentimenti unitari erano presenti in essi prima delle azioni piratesche di un Mazzini o un Garibaldi finanziati da potenze straniere, e diffusa era la volontà di dar vita a uno Stato federale con Roma papale capitale mantenendo l’identità e l’autonomie delle varie nazioni italiche che vantavano antico passato e ricca tradizione… culture che furono spazzate via dalle armi sabaude.
Dunque la domanda sorge spontanea: come si può attribuire il ruolo di “Padre della Patria” a quel sovrano straniero suddito di sovrani stranieri che umiliò e cancellò le tradizioni della nostra terra?
Fu proprio in questo paradosso dove i “nuovi italiani” massacravano i “vecchi italiani” e dove si elesse Roma a Madre della Patria il giorno dopo aver preso a cannonate le mura Aureliane e demolito mezza città che la Romanità assunse un significato nefasto e improprio per tutta la popolazione. Il Regime fascista con i suoi manieristici e goffi schiamazzi propagandistici e teatrali completò l’opera.

Ecco quindi, in risposta all’argomento esposto in questo scritto, che noi Popolo d’Italia non possiamo e non dobbiamo conferire al Risorgimento alcuna maternità su un identità romana, tantoché nazionale, che in realtà ha pesantemente screditato e reso odiosa attraverso scelte sbagliate e spesso vergognose.
Ma proprio perché dobbiamo riconoscere alla Romanità il ruolo primario del nostro spirito nazionale che dobbiamo pertanto abbattere i miti mazziniani e prenderne le distanze.
Se c’è un Pater Patriae che bisogna riconoscere lo possiamo rintracciare solamente nelle pagine della nostra storia più antica, all’opera di Augusto di aver reso gli abitanti di questa penisola un Popolo unito e cosciente di sé, accomunato da valori morali e spirituali: gli elementi che caratterizzano una “Nazione dell’Anima”.
La chiave per un risveglio nazionale e patriottico lontano dagli orpelli e dalla retorica ma ricco di ideali e di ispirazione risiede nel prendere coscienza della nostra identità e delle nostre origini spogliandole di antiquati e sorpassati pregiudizi: solamente così saremo un popolo unito nello spirito. Un popolo Romano-Italico.

7 Dicembre 2010